
Ah, dicembre! Il freddo che arriva per davvero, le prime nevicate, il caminetto, l’aria natalizia, gli addobbi, i Negroni sbagliati, e, finalmente, gli ottavi di finale di Coppa Italia! Siamo arrivati in quel periodo dell’anno in cui per i grandi club riprende questa scocciatura e improvvisamente l’opinione pubblica inizia a chiedersi se non sia addirittura possibile sopprimere una delle coppe nazionali più tristi del mondo. Non c’è niente, letteralmente NIENTE, che renda digeribile la Coppa Italia. Incroci interessanti? Impossibile con questa formula fatta per non disturbare troppo le grandi. Orari che permettano alle persone di andare allo stadio? Ma siete pazzi! Vediamo chi è abbastanza tifoso da andarsi a vedere, magari in trasferta, Bologna-Monza di martedì alle 6 e mezza del pomeriggio, deve aver pensato la Lega Calcio con aria di sfida nei confronti degli occasionali.
E così ci stiamo godendo questa tre giorni imperdibile, dove chi passa il turno della vittoria non sa ancora che farsene, chi viene eliminato accumula solo frustrazione: una competizione dove, fino ai quarti di finale ad esser buoni, c’è solo da perdere, è questo lo spirito dell’attuale Coppa Italia. Uno spettacolo che ha toccato il suo picco martedì, dove oltre alla già citata Bologna-Monza è andata in scena anche Milan-Sassuolo.

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Un disastro, dal punto di vista calcistico e dal punto di vista degli ascolti e del pubblico allo stadio. Per quanto riguarda il campo, si è arrivati in entrambe le partite a una situazione assurda, che però si ripete ogni anno. Le coppe nazionali dovrebbero essere la vetrina in cui le piccole possano scendere in campo per sognare, senza nulla da perdere. Per come è strutturata la Coppa Italia e per il valore che ormai le assegniamo, invece, per squadre come Monza e Sassuolo diventa solo un lusso che non ci si può concedere: il Monza deve lottare per rimanere in Serie A, non può di certo sprecare energie preziose per un impiccio del genere. Lo stesso vale per il Sassuolo, che in questo periodo deve accumulare margine nella corsa per la promozione. Risultato? Bologna-Monza 4-0, col ritorno dalla latitanza di Marić, Valoti e Birindelli, e Milan-Sassuolo 6-1 con i neroverdi che sono scesi in campo per far divertire Chukwueze. «Dispiace per il risultato e per aver abbandonato la Coppa, ma non era comunque una nostra priorità», ha detto a chiare lettere Fabio Grosso.
Vogliamo parlare del pubblico allo stadio o di quello in televisione? 17.000 circa i presenti al Dall’Ara, di cui meno di 100 nel settore ospiti, poco più di 30.000 quelli di San Siro (e la Coppa Italia dovrebbe rappresentare un’occasione per godersi il Meazza per chi non riesce ad andarci il fine settimana, visto il dato sugli abbonamenti di Milan e Inter). Peggio ancora i numeri in TV. Se Bologna-Como sarebbe stata un flop a prescindere per via dell’orario, Milan-Sassuolo alle 21, secondo un grafico di Calcio&Finanza, dovrebbe essere stata la sesta partita di Coppa Italia in prima serata meno vista delle ultime dieci edizioni, con appena 1.819.000 spettatori.
Sono solo cifre di contorno, forse non basterebbe un articolo per parlare delle storture della Coppa Italia, che sono poi quelle del calcio italiano, visto che è l’ossessione per lo share il motivo principale per cui si fa di tutto per ammazzare la competitività e favorire le grandi.
Inutile tornare sulle discussioni che hanno luogo ogni anno: sul successo del modello FA Cup, ma anche di quello spagnolo, che ha ridato lustro alla Copa del Rey offrendo la possibilità di giocare in casa alle squadre più deboli (e infatti quattro delle ultime sei edizioni sono state vinte da Valencia, Real Sociedad, Betis e Athletic Club). Fin quando i diritti televisivi saranno l’unico modo che il calcio italiano conosce per sostentarsi, la Coppa Italia non potrà favorire le più squadre più piccole.
Ma davvero non esiste possibilità di cambiamento? Non saprei, se avessi la risposta forse starei a discuterne con De Siervo mentre provo a capire come interdire Google agli italiani. Da amante del calcio di provincia, però, mi sono lanciato in questo piccolo viaggio mentale. Lo share è importante, okay, e le grandi da un certo punto di vista non possono essere disturbate troppo dalla Coppa a causa del calendario: meglio viaggiare il meno possibile ed evitare terreni di gioco impresentabili. D’altra parte, se proprio non possiamo avere gli upset, ora come ora questa Coppa non ci propone nemmeno incroci strani, che creino un ricordo che possa rimanere per sempre. Per dire, su YouTube esiste un video di highlights di Zidane in un Brescello-Juventus secondo turno della Coppa Italia 1997/98, e credo che gli juventini più scafati e i tifosi del Brescello (squadra che aveva nel logo Don Camillo e Peppone) difficilmente avranno potuto dimenticarlo.
Come conciliare tutte queste cose? Impossibile? Forse no.
VALORIZZIAMO IL CAMPANILISMO
La mia idea è semplice: e se la Coppa Italia si giocasse su base geografica? Se, invece che per categorie, le squadre venissero divise principalmente per circoscrizioni territoriali, come se fossimo alle elezioni?
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Pensateci bene. Come calcio italiano non saremo più i padroni d’Europa, però ci sono rimaste alcune cose di cui poterci vantare in cui siamo imbattibili: il 3-5-2, i braccetti che salgono, i cross da esterno a esterno e, soprattutto, la cultura del tifo, ciò che rende vivo il nostro calcio a prescindere dai risultati. In Italia percepiamo il pubblico sugli spalti come protagonista alla pari dei calciatori. Cosa c’è dietro una cultura tanto radicata? L’amore per la propria squadra, certo. Ma praticamente allo stesso livello c'è anche il campanilismo, l’odio per il vicino. È il nostro retaggio storico, il fatto di essere una nazione relativamente giovane a imporcelo. L’Italia è pervasa dalle rivalità territoriali, e allora perché non provare a valorizzarle? I calciatori non potranno sognare di vincere la Coppa Italia, va bene, ma i tifosi potranno assaporare un numero maggiore di derby rispetto al solito e magari incontrare nemici storici contro cui non possono giocare per via della differenza di categoria. Pensate alla sola provincia di Salerno, dove ci sono i cavesi che odiano i salernitani, i salernitani che odiano i nocerini, i nocerini che odiano i paganesi, i paganesi che odiano anch’essi i cavesi, che a loro volta odiano i nocerini e così via, in un turbine di malanimo che si trasmette di generazione in generazione.
La rivalità è tradizione, patrimonio storico, e fino a quando daremo valore ad aspetti del genere il calcio sarà ancora nostro. Per questo la Coppa Italia su base territoriale sarebbe un grande tributo alla cultura calcistica italiana. E, oltretutto, non sarebbe così insostenibile, nemmeno dal punto di vista delle grandi. Certo, le pavidissime prefetture italiane dovrebbero rinunciare alla smania dei divieti, perché altrimenti una competizione del genere non avrebbe senso.
In questo modo si otterrebbero da subito due vantaggi: una riforma radicale della Coppa Italia e l’eliminazione della Coppa Italia Serie C, l’unica competizione al mondo più inutile della Coppa Italia.
Ma quali sono le partecipanti? Realisticamente, per snellire la competizione potremmo dar spazio solo alle squadre professionistiche: 100 tra Serie A, Serie B e i tre gironi di C (comunque 20 squadre in più rispetto alla FA Cup).
Siccome però questo articolo è un mio piccolo delirio e se proprio devo viaggiare con la mente mi piace farlo in prima classe, ho deciso di allargare il numero di partecipanti, crepi l’avarizia. Alla mia Coppa Italia su base geografica (“La Coppa del Territorio”, potrebbe essere il claim, di cui potrebbe facilmente appropriarsi il cosiddetto Ministero per il Made in Italy) non partecipano solo le squadre del professionismo, ma anche le prime cinque dei nove gironi di Serie D (le vincenti, cioè, e quelle qualificate ai playoff). Sarebbe un modo per ridare lustro a tante piazze stritolate dalla crisi economica o da presidenti truffaldini, che si ritrovano ad affrontare un campionato dilettantistico quando in realtà meriterebbero altri palcoscenici: i tifosi di Reggina, Piacenza o Livorno, solo per fare degli esempi, dovrebbero poter incontrare i loro rivali storici, non farsi le trasferte nei paesi della propria provincia.
Visto che l’obiettivo di una competizione del genere è valorizzare il pubblico, verrebbero escluse le squadre B.
Se una formula del genere fosse stata applicata all’inizio di questa stagione, sulla base delle classifiche del 2023/24, le squadre qualificate sarebbero state 143 (98 dal professionismo con l’esclusione di Juve Next Gen e Atalanta Under 23 + 45 dalla Serie D). Per arrivare a un numero pari, allora, verrebbe ripescata la migliore sesta della Serie D, in questo caso l’Arconatese.
IL FORMAT
Le 144 squadre verrebbero divise in 6 gruppi/circoscrizioni territoriali da 24 partecipanti ciascuno. Lo smistamento dei club avverrebbe di anno in anno, come già accade con i gironi di Serie C, in base alla posizione geografica. In linea di massima, per stabilire i gruppi, potremmo affidarci alla linguistica e suddividere il Bel Paese per gruppi dialettali. Così avremmo Gruppo A (Nord-Ovest), Gruppo B (area Galloitalica), Gruppo C (Nord-Est), Gruppo D (Centro), Gruppo E (Meridione), Gruppo F (Meridione estremo).
All’interno di ogni gruppo le squadre verrebbero accoppiate a seconda di un ranking determinato dalla posizione raggiunta nel campionato precedente (proprio come avviene per gli accoppiamenti dell’attuale Coppa Italia). L’ideale sarebbe riuscire a portare il fattore campo dalla parte delle piccole.
Se però fosse impossibile smuovere dalle loro posizioni i grandi club per convincerli ad andare in casa delle piccole (il fatto di giocare in casa delle grandi delle volte conviene anche alle piccole per la verità, visto che il regolamento attuale della Coppa Italia prevede che l’incasso da botteghino, semifinali e finale esclusa, venga diviso esattamente a metà tra i due club), con questo formato di Coppa Italia sarebbe comunque un male minore. Per tante squadre di B, C o D potrebbe essere un onore far visita ai grandi stadi del calcio italiano. Con i gironi suddivisi in circoscrizioni territoriali, poi, le trasferte sarebbero piuttosto comode e i costi contenuti anche per le società meno abbienti e per i tifosi, con distanze che rispecchierebbero quelle dei gironi di Serie D all’incirca.
Fatte queste premesse, dal paragrafo successivo trovate i 6 gruppi dell’ipotetica edizione 2024/25, con le squadre incolonnate in base alla classifica della passata stagione (accanto ai nomi c’è la loro posizione nel ranking). Qualora in due campionati dello stesso livello due o più squadre della stessa circoscrizione territoriale abbiano raggiunto la stessa posizione (ad esempio, nel gruppo meridionale: Torres seconda nel girone B di Serie C, Avellino secondo nel girone C), viene premiata nel ranking la squadra che abbia guadagnato più punti (motivo per cui la Torres nel ranking occupa la posizione 42, l’Avellino con meno punti l a 42b).
GRUPPO A – Nord Ovest
Inter 1
Milan 2
Juventus 3
Torino 9
Genoa 11
Como 19
Sampdoria 27
Spezia 35
Carrarese 43
Giana Erminio 47
Pro Vercelli 48
Pro Patria 52
Virtus Entella 53
Sestri Levante 55
Novara 57
Pro Sesto 59
Alessandria 60
Alcione Milano 61
Chisola 62
Varese 63
Vado 64
Varesina 65
RG Ticino 65b
Arconatese 66
Il Girone A comprende le squadre di Piemonte, Liguria e della parte più occidentale della Lombardia (le province di Varese, Pavia, Milano, Como, Lodi e Piacenza). Aggiunta in maniera del tutto eccezionale per arrivare a 24 senza creare scompensi la Carrarese. Perché proprio i gialloblù? Entrare nel girone A permetterebbe loro, ipoteticamente, di incontrare gli acerrimi rivali dello Spezia, e come detto il campanilismo è alla base di questo torneo. E poi, lo avete mai sentito parlare Buffon? Vi sembra forse un toscano quello?
GRUPPO B – Area Gallotitalica, o Padania, in onore di Umberto Bossi
Atalanta 4
Bologna 5
Monza 12
Parma 18
Sassuolo 22
Cremonese 24
Brescia 28
Modena 30
Reggiana 31
Feralpisalò 39
Lecco 40
Mantova 41
Lumezzane 49
Spal 51
Albinoleffe 53
Pergolettese 54
Renate 55
Fiorenzuola 58
Carpi 61
Piacenza 62
Palazzolo 63
Corticella 63b
Desenzano 64
Lentigione 65
Il girone della Repubblica Cispadana, che comprende ovviamente l’Emilia (Emilia propriamente detta, quindi esclusa la Romagna) e le restanti province lombarde (Monza, Lecco, Bergamo, Brescia, Cremona, Mantova).
GRUPPO C – Nord Est
Verona 13
Udinese 15
Venezia 20
Südtirol 32
Cittadella 34
Cesena 41
Padova 42
Vicenza 43
Triestina 44
Legnago 46
Trento 50
Rimini 50b
Virtus Verona 51
Arzignano Valchiampo 56
Ancona 56b
Vis Pesaro 57
Union Clodiense 61
Caldiero Terme 61b
Dolomiti Bellunesi 62
Ravenna 62b
Treviso 63
San Marino 64
Bassano 64b
Campodarsego 65
Il girone della gente che lavora, dell’industria ma anche del turismo. Include Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, la Romagna (con le province di Rimini, Forlì-Cesena e Ravenna) e anche le due province più settentrionali delle Marche (Pesaro e Ancona), perché l’Italia, in realtà, non è divisa tra Nord, Centro e Sud, ma tra tra costa est e costa ovest, come gli Stati Uniti, solo che non siamo ancora pronti ad accettarlo.
GRUPPO D – Centro
Roma 6
Lazio 7
Fiorentina 8
Empoli 17
Pisa 33
Ternana 36
Ascoli 38
Perugia 44
Gubbio 45
Arezzo 48
Pontedera 49
Lucchese 52
Recanatese 58
Monterosi Tuscia 59
Fermana 59b
Pianese 61
Gavorrano 62
Grosseto 63
Romana 63b
Livorno 64
Sambenedettese 64b
Tau Altopascio 65
Cassino 65b
Roma City 65c
Il girone dell’odio per eccellenza, un’odio viscerale, che risale all’Italia dei comuni, di chi, se potesse, cancellerebbe dalle mappe le città rivali. È questo che succede a trasformare questo gruppo nel girone dello Stato Pontificio e del Granducato di Toscana, dove tra fiorentini, pisani, livornesi e aretini non si sa chi-odi-più-chi. Insieme a loro, altre rivalità sanguinose come quella tra Perugia e Ternana, Ascoli e Sambenedettese, Roma e Lazio ovviamente. Interessante anche la possibilità che Roma e Lazio possano un giorno affrontare un derby con Roma City o Romana.
GRUPPO E - Meridione
Napoli 10
Cagliari 16
Frosinone 21
Salernitana 23
Juve Stabia 41
Torres 42
Avellino 42b
Benevento 43
Casertana 44
Pescara 46
Cerignola 47
Giugliano 48
Latina 50
Foggia 51
Sorrento 52
Pineto 54
Turris 55
Olbia 60
Cavese 61
Campobasso 61b
L'Aquila 62
Nocerina 62b
Avezzano 63
Ischia 64
Per questioni geografiche, oltre alle squadre della Campania il gruppo E include anche quelle della Sardegna, quelle di Molise e Abruzzo e quelle del basso Lazio. Per avere un numero pari di squadre nei diversi gironi, poi, anche le due società della provincia di Foggia entrano nel gruppo E. Il che fa si che questo girone abbia grandi probabilità di offrire dei derby: Frosinone-Latina, Cagliari-Torres (il derby di Sardegna, che non si disputa dal 1989, dalla prima volta che Ranieri allenò i rossoblù), Salernitana-Avellino, Cavese-Nocerina, senza considerare altri scontri interprovinciali come Foggia-Cerignola o i già citati derby della provincia di Salerno. Un girone in cui, per legge, per mantenere la tradizione, agli ultras in trasferta dovrebbe essere vietato l’ingresso allo stadio prima della mezz’ora di gioco, così da farli sfogare con entrate scenografiche e fumogeni, come già accade in ogni giornata di Serie C. C’è una cosa che rende speciale questo gruppo, insieme al girone F, il prossimo: ci sono pochissime squadre di Serie A, e ciò fa si che i derby abbiano ancora più importanza. Una sconfitta in Coppa contro i propri rivali storici potrebbe avvelenare l’ambiente e rovinare il resto della stagione, la Coppa Italia verrebbe affrontata con estrema serietà (e paura).
GRUPPO F – Meridione estremo
Lecce 14
Catanzaro 25
Palermo 26
Cosenza 29
Bari 37
Taranto 45
Picerno 46
Crotone 49
Catania 53
Messina 54
Potenza 56
Monopoli 57
Virtus Francavilla 58
Brindisi 60
Trapani 61
Altamura 61b
Siracusa 62
Martina 62b
Vibonese 63
Nardò 63b
Reggina 64
Andria 64b
Casarano 65
Acireale 65b
Un girone che è un tributo alla vecchia Serie C2, una categoria che andrebbe ripristinata assolutamente: Brindisi, Martina, Vibonese, Nardò, Casarano, Acireale. Quanto ci starebbero bene pure Tricase e Gela, se solo non fossero cadute in disgrazia. Anche qui la quantità di campanilismo è notevole: le calabresi tra di loro si odiano tutte con poche eccezioni, in Puglia sia per il Lecce che per il Taranto il Bari è il primo nemico. Che dire, poi, dell’odio tra catanesi e palermitani e, in misura minore, di quello tra catanesi e messinesi? O ancora, di quello tra catanesi e catanzaresi, tra catanesi e reggini, tra catanesi e tarantini? La tifoseria del Catania, insomma, odia più o meno tutti, un po’ come i foggiani nel gruppo E. Ma in generale in questo gruppo – e anche nell’altro girone del sud – l’odio territoriale varca i confini regionali, vista la quantità di volte che queste squadre – e le relative tifoserie – hanno avuto modo di scontrarsi tra Serie C e Serie B.
COME SI SVILUPPA LA COPPA?
Stabilita la suddivisione dei gironi, il passo successivo è capire come strutturare il torneo. Le opzioni potrebbero essere due.
La prima permetterebbe alle grandi di saltare un turno. Si partirebbe, infatti, con un turno preliminare in cui in ogni gruppo si incontrano le squadre dalla nona alla ventiquattresima posizione. Le otto vincitrici si qualificano al primo turno, dove entrano in gioco le prime otto che fino a quel momento erano rimaste fuori. Potremmo ribattezzare questa parte del torneo come fase regionale: quattro turni che hanno il compito di stabilire la vincitrice di ogni gruppo. La nuova Coppa Italia, in questo modo, inizierebbe a seguire una logica simile a quella dei playoff di NBA: la finale per la vittoria di ogni gruppo si trasformerebbe in una sorta di finale di conference, che decreta quale squadra è la regina di ogni porzione d’Italia. Pensate che tripudio di campanilismo: ogni anno avremmo la possibilità di stabilire finalmente quale sia la miglior squadra del nord-est, quale la migliore del meridione estremo e così via: per qualcuno potrebbe essere più importante che andare bene in campionato, magari si potrebbe creare pure una patch da mettere sulle maniche.
Conclusa la fase regionale che esprime le 6 vincitrici di ogni girone, occorre a quel punto ripescare le due migliori finaliste eliminate per avere 8 squadre e poter definire i quarti di finale, che sanciscono l’inizio della fase nazionale. Le 4 vincitrici, invece di incrociarsi in delle semplici semifinali andata e ritorno, si scontrerebbero in una Final-4, così da risparmiare un turno. Da stabilire se far disputare le Final-4 a Roma o se renderle itineranti, anno per anno. Certo, potrebbero esserci degli incroci strani: pensate se in un’unica città si ritrovassero per tre giorni, che ne so, ultras di Inter, Roma, Napoli e Fiorentina. Forse bisognerebbe davvero portare la spesa militare oltre il 2% del PIL a quel punto.
In questo modo, preliminari esclusi, tra fase regionale e fase nazionale si disputerebbero sette turni e sette partite (visto che non c’è nessun turno andata e ritorno), soli due in più per le grandi della Serie A rispetto al format attuale (e al massimo uno in più rispetto alla Copa del Rey, dove Barça, Real Madrid e Atlético partono sempre dai sedicesimi, se non del tutto dai trentaduesimi, eppure non mi pare che in Europa facciano peggio delle italiane): le big, probabilmente, dovrebbero iniziare a giocare la Coppa dall’estate, come fanno le altre squadre. Chissà, magari si potrebbe sostituire qualche amichevole inutile, così da aumentare l’effetto sorpresa. Dal punto di vista delle televisioni, il problema è che dover decretare la vincitrice di ogni circoscrizione territoriale farebbe sì che nel Gruppo A solo una tra Milan, Inter e Juventus possa partecipare alla fase nazionale: un bene per la competitività, un male per lo share. Chissà, forse si potrebbe rimediare smistando le tre grandi in tre gironi diversi, il solito imbroglio all’italiana per mantenere lo status quo.
L’alternativa, per evitare di eliminare a priori due delle tre strisciate, potrebbe essere sopprimere il preliminare e far partecipare tutte le squadre già dal primo turno: in ogni girone, la prima contro la ventiquattresima, la seconda contro la ventitreesima e così via. Ogni gruppo porterebbe alla fase nazionale tre squadre (quindi Milan, Juve e Inter potrebbero qualificarsi a braccetto, per la gioia delle TV). Poiché le qualificate a quel punto sarebbero 18, le quattro squadre col ranking peggiore tra le qualificate si incontrerebbero in un playout, dove due di esse verrebbero escluse. Le squadre rimaste nella fase nazionale, così, sarebbero 16. Si partirebbe dagli ottavi di finale e anche in questo caso il torneo si concluderebbe con una Final-4, così da evitare turni con andata e ritorno. In totale le eliminatorie da disputare sarebbero sette, come nell’opzione precedente se si escludevano i preliminari.
Dimenticavo di specificare che, in entrambi i casi, in finale non verrebbe suonata Fratelli d’Italia, ma Va, pensiero, il vero inno di questo Paese.
Per farvi assaporare di cosa potrebbe trattarsi, soprattutto se tifate una provinciale, con i potenti mezzi a nostra disposizione (cioè la mia passione per le bollette sulla Serie B e sul girone C di Serie C) ho provato a pronosticare cosa potrebbe succedere nella fase regionale del Gruppo F (quello che per questioni territoriali conosco meglio), con entrambi i format che ho descritto poc’anzi.
Questo il bracket con il primo format, quello con i preliminari.

Questo il secondo, senza preliminari.

Se anche voi siete ammaliati dall’idea di vedervi rovinare la stagione per aver perso un derby di Coppa, o magari di trovare l’unica soddisfazione dell’anno proprio in quel derby, la Coppa Italia del Territorio è il torneo che fa per voi.